mercoledì 28 maggio 2008

Rete4 l'insistente e Europa7 senza frequenze

Scritto da Daniela



Europa 7
risulta essere l’unica emittente televisiva italiana priva di frequenze, caso unico al mondo.
Sembra quasi non esistere ed essere invisibile agli occhi di tutti, come le stesse frequenze di cui tutti parlano, ma al contrario ricopre una posizione cruciale nell'acceso dibattito che coinvolge tuttora l’intero parlamento.
Oggi infatti si è rimessa in tavola l'intera vicenda riguardante la sentenza della stessa Corte di Strasburgo sul caso Europa 7- Rete4 - che nel gennaio scorso ha sentenziato che il sistema di assegnazione delle frequenze radio-tv in Italia non rispetta il diritto comunitario.
Nessun passo indietro per il governo Berlusconi nonostante le proteste e l'ostruzionismo in segno di protesta dell'opposizione e qualche malumore nella maggioranza, il governo non ritira l'emendamento al decreto "Salva-Rete4" in materia di frequenze televisive (che secondo l'opinione del sottosegretario allo Sviluppo economico Paolo Romani «risponde pienamente ai rilievi dell'Unione europea» e «Retequattro non c'entra nulla» ) .

Facciamo un passo indietro.
Questa fantomatica vicenda vede coinvolto l'imprenditore Francesco di Stefano, proprietario nel 1998 della rete “Italia 7” che decide, nell’anno successivo, di abbandonare il vecchio progetto per creare una televisione nazionale con frequenze proprie cedendo quindi sia l'emittente di cui è proprietario, la laziale TVR Voxson, sia il circuito (successivamente gestito dal gruppo Media 2001).
Con il denaro ricavato ( 12 miliardi di lire) partecipa ad una gara pubblica per l' assegnazione delle frequenze televisive nazionali (in totale 11: 3 per la RAI e 8 per i gruppi privati) con richiesta di 2 reti televisive: Europa 7 e 7 plus e vince, nell’ottobre del 1999, una concessione per Europa 7, al posto di Rete 4, il quale perde il diritto di trasmettere.

Questo titolo concessorio prevedeva l'inizio delle trasmissioni entro il 31 dicembre 1999 rallentato da alcuni ricorsi effettuati da Rete Mia, Rete Capri e Rete A nell’agosto del 2000 per l'annullamento dell’approvazione del rilascio delle concessioni di radiodiffusione televisiva privata su frequenza terrestre.
Nonostante i ritardi, Europa7 aveva già programmato 700 assunzioni e la costruzione di un centro di produzione a Roma di 20000 mq, composto da 8 studios e una intensa library di programmi; il tutto abbandonato al caso in quanto Rete 4 continua ad occupare il suo spazio.

La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea il 31 gennaio 2003 è la terza a favore di Europa 7 dopo quelle della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato e riconosce alla rete televisiva Europa 7 il diritto di trasmettere sulle frequenze analogiche terrestri che ha ottenuto nella gara pubblica del 1999 e, dall’altro canto, "impone" l'abbandono delle stesse da parte Rete 4 che dovrebbe trasmettere solo in digitale terrestre e satellitare.

L’intervento è quasi istantaneo: nell’estate dello stesso anno il ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri presenta un disegno di legge (nota come legge Gasparri) approvata dal Parlamento (ma non dal presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi che si rifiuta di firmare) per il riordino del sistema radiotelevisivo italiano e l'introduzione della trasmissione digitale terrestre. Oltre a questo si aggiunge l'intervento repentino del "decreto SalvaRete4" varato dal governo Berlusconi che permetterà la prosecuzione delle trasmissioni analogiche a Rete 4 , in contrasto con la precedente sentenza della Corte Costituzionale.

Nel luglio 2005, il Consiglio di Stato, dopo il ricorso di Europa 7, ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di rispondere a 10 quesiti, dove si mettono in discussione le leggi italiane in materia di televisioni ed è ora in ballo una richiesta sempre da parte di Europa 7 per risarcimento danni da parte dello Stato di 3 miliardi di euro per la mancata attività televisiva.

L'ultima udienza al Consiglio di Stato ha avuto luogo martedì 6 maggio 2008, intanto oggi la società Europa 7 è praticamente ferma attendendo la sentenza della Corte di Giustizia Europea.
Entro luglio verrà resa nota la sentenza: allora si saprà il destino del sistema televisivo italiano.

<<Ed io pago!>>

lunedì 26 maggio 2008

La Tavola Rotonda Rosa - 4 di 4

Scritto da Sara



Mariastella Gelmini - Attuale Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica.

Biografia
Bresciana, nata nel 1973, nubile, è una delle più giovani tra i ministri del governo Berlusconi. È avvocatessa, specializzata in diritto amministrativo, coordinatrice regionale di Forza Italia in Lombardia, ed è stata eletta per la prima volta nel 2006 come parlamentare.
Si narra che sia stato il giardiniere di Arcore a presentarla al Cavaliere, ma la Gelmini nel 2005 si affannò a precisare che il signor Tiraboschi è molto più di un giardiniere: faceva il produttore televisivo e l’aveva invitata alla sua trasmissione Mela verde. Il Cavaliere, la prima volta che la incontrò, rimase colpito dalle sue analisi del voto regionale. Decise quindi di nominarla coordinatrice di Forza Italia, lasciando di stucco molti, e soprattutto i “papabili” del Cavaliere che fino ad allora si sentivano la carica già in tasca.
L’abbiamo vista il giorno del giuramento in un tailleur pantalone castigato, con tanto di crocefisso al collo ( si dichiara molto cattolica, ma non ciellina, e partecipò al family day in maniera molto discreta ) e ci è sembrata la più sobria e meno conosciuta delle quattro osannate donne del governo.

Un ministero impegnativo
La scuola italiana naviga in acque difficili: bullismo, famiglie sempre più in crisi che non sanno educare e seguire i figli, professori depressi e disincentivati, programmi ministeriali scarsamente seguiti, un tasso di ignoranza altissimo fra gli studenti. E spesso anche tra professori. I ricercatori chiedono certezze e fondi per continuare a svolgere il loro lavoro (senza soldi si può fare al massimo la filosofia), il personale universitario è formato in larga parte di precari.
Il compito che attende Mariastella Gelmini, persona che non ha mai affrontato fino ad oggi questi problemi, è arduo.
Promette risposte concrete al fenomeno del bullismo, una task force già criticata con queste parole “ come guarire il cancro con l’aspirina”. Nessuna sanatoria per i debiti formativi, manovra auspicata dagli studenti, che ora la vedono pian piano sfumare, consapevoli di dover passare un’altra torrida estate a recuperare le insufficienze accumulate.
I ricercatori intanto chiedono un colloquio urgente con il neo ministro, che non ha ancora completato la squadra che dovrà collaborare con lei per risanare la piaga della scuola: auspicano che i dottorati di ricerca siano più spendibili nel mondo del lavoro: un altro problema più grosso dell’affascinante ministra. Chissà se riuscirà a dare delle risposte concrete anche in quest’ambito, nel frattempo nessuna risposta ai ricercatori arriva dal Ministero.
La Gelmini trova anche il tempo per questioni di secondaria importanza: ripristinare l’ora di educazione civica. Non è certamente un’emergenza, ma forse cercando di inculcare ai giovani un po’ di consapevolezza e senso civico, si potrà agire alla radice del fenomeno del bullismo.
Queste le promesse, ora aspettiamo i fatti.

giovedì 22 maggio 2008

La Tavola Rotonda Rosa - 3 di 4

Scritto da Daniela



Stefania Prestigiacomo - attuale Ministro dell'Ambiente

Biografia
Stefania Prestigiacomo, siracusana, 41 anni, è sposata con Angelo Bellucci, notaio e coordinatore provinciale di Forza Italia, nel 1990. Ha un figlio di 6 anni.
Figlia di imprenditori siracusani ha cominciato a lavorare da giovanissima nell’azienda di famiglia per poi laurearsi in Scienze della Pubblica Amministrazione ed essere eletta presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Siracusa a 23 anni. Prima di entrare in politica votava per la Democrazia Cristiana e, allo stesso tempo vicina ideologicamente a molte battaglie del Partito Radicale.

La sua esperienza politica, avanzata anche sulla scia dello zio Santi Nicita (coinvolto in questioni giudiziarie legate al cosiddetto "scandalo Isab" per aver ricevuto delle tangenti dalla famiglia Garrone per ottenere le autorizzazioni per costruire l'attuale Reffineria Erg di Priolo Gargallo; ricandidato nell'UDEUR nel 2006 senza essere eletto), si apre con l'esordio del nuovo movimento politico di Silvio Berlusconi, Forza Italia dove verrà eletta alla Camera dei Deputati nella lista proporzionale del partito nella circoscrizione della Sicilia Orientale.
La sua carriera di deputato prosegue anche alle successive elezioni del 2001, quando si aggiudica nuovamente il seggio nel collegio di Siracusa con il contrassegno della Casa delle Libertà: il premier Berlusconi la sceglie come ministro per le Pari Opportunità.
Con questo titolo avvia vari provvedimenti legislativitra cui:
la modifica dell’Art. 51 della Costituzione per le pari opportunità fra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive, la legge sulla di riduzione in schiavitù e servitù e di tratta delle persone; la legge contro le mutilazioni genitali femminili, la normativa sugli asili nido nei posti di lavoro,
le leggi contro le discriminazioni per motivi di orientamento sessuale e disabilità e contro le molestie nei luoghi di lavoro.

Stefania Prestigiacomo e la solidarietà femminile
« …Noi abbiamo il sospetto che le quote rosa non risolvano il problema alla radice, ma finiscano, anzi, con il chiudere le donne in una sorta di salotto politico di poche privilegiate che si incontrano e parlano tra di loro senza riuscire a incidere realmente nella vita dei partiti e del Parlamento … sarebbe più utile, a mio... a "nostro avviso, cominciare a selezionare dal basso, nell’organizzazione di base dei partiti, le donne migliori e più capaci... » l’onorevole Mara Carfagna, la giovane deputata di Forza Italia che lavorava in tivù con Giancarlo Magalli prende posizione “Le quote rosa? Non servono” facendo saltare i nervi di Stefania che sulle quote rosa s’impegnò fino alle lacrime in un drammatico Consiglio dei ministri che non aveva voglia di starla a sentire. «Beh, se pensa e dice questo, è chiaro che la Carfagna esprime un un’opinione personale. Strettamente, direi, personale … escludo che la Carfagna possa parlare per conto del partito.»
La sua testardaggine allora la portò ad ottenere il disegno di legge che impone di riservare il 50% dei posti in lista alle donne entrò con forza nell’agenda politica e così per Stefania Prestigiacomo arrivò anche la solidarietà, la complicità e l’intesa trasversale con le deputate e le senatrici dell’intero Parlamento. (a quanto pare di tutte tranne che di Mara! )

La 194 non si tocca
«Davvero non è possibile scontrarsi in questo modo sulla 194: certe sortite o si fanno a inizio legislatura oppure il sospetto che tutto sia semi propagandistico è forte. Non si può trattare una questione come l'aborto radicalizzando il confronto: lo dico al centrosinistra. Ma riconosco che alcuni nella Casa delle libertà utilizzano a fini elettorali il tema dell'aborto» Parola di Stefania proprio qualche settimana dopo l’invio di una lettera aperta all’allora ministro della Salute, Francesco Storace difendendo la legge sull'aborto "conquista di civiltà" e chiedendo una moratoria alla vigilia della campagna elettorale.
Destreggiandosi con perseveranza tra le varie proposte di bonus e assegni a favore della maternità rilancia, suscitando l’estremo stupore dell’intero mondo cattolico, l’idea di fondare una campagna per degli incentivi alla contraccezione.
"Una politica a favore della maternità non è fatta solo di bonus ma soprattutto di servizi efficienti. Mi sono battuta perché ci fosse la deducibilità di una parte delle spese per gli asili nido, posto che questi ci siano. E qui la competenza è delle Regioni".

(Personalmente la ricordo in versione "comica" ad Annozero dove faceva le boccacce alle spalle del direttore dell'Unità Furio Colombo - oltre ad aver superato i nostri pregiudizi sulla sua timida innocenza ha superato anche le imitazioni a lei dedicate da Paola Cortellesi)

martedì 20 maggio 2008

La Tavola Rotonda Rosa - 2 di 4

Scritto da Sara



Giorgia Meloni – Attuale parlamentare del Popolo delle Libertà, Ministro delle Politiche Giovanili.

Biografia
Giorgia Meloni, occhi azzurrissimi e fisico minuto, è una giovane donna dalla grande determinazione e animata da sempre dalla passione per la politica.
E’ nata il 15 gennaio 1977 a Roma, diplomata con il massimo dei voti presso l'Istituto professionale Amerigo Vespucci, ed è studentessa fuoricorso alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli studi Roma Tre e giornalista professionista.
La sua carriera politica inizia molto presto: a quindici anni, già combattiva, fonda il gruppo studentesco “Gli antenati” Nel 1996 diviene responsabile nazionale di Azione Studentesca, il movimento studentesco di Alleanza Nazionale, partito dal quale proviene, ora confluito nel PDL. La sua ascesa straordinaria nel movimento Azione Giovani prosegue: nel 2000 quando diventa dirigente nazionale del movimento, e nel 2004 addirittura presidente nazionale, durante un congresso a Viterbo. Gianfranco Fini, nellla legislatura 2006-2008, la propone come vicepresidente della Camera dei deputati, facendola diventare la più giovane vicepresidente nella storia d’Italia. A soli 31 anni, oggi è Ministro delle Politiche Giovanili.

Una ragazza come le altre
Ho 31 anni, in tutti i modi mi sento legata alla mia generazione, sono una ragazza come tutte le altre, vado al cinema, leggo i libri, esco con gli amici, vado a cena fuori, faccio le vacanze. Sono una persona normale, o almeno ho la presunzione di esserlo”. E’ appassionata di rugby, una passione che la lega a Giovanna Melandri, ( che l’ha preceduta al Ministero delle Politiche Giovanili) tennis, scacchi e immersioni, colleziona angeli . Dal rugby ha imparato lo spirito di squadra, la caparbietà, ed evidentemente anche l’apparente durezza dei modi. Giorgia Meloni è consapevole di apparire un po’ aggressiva, forse di recitare la parte della donna di destra dura e pura, ma dice di essere una persona che “sta alla battuta”.
Crede nella famiglia, anche se la sua da tempo è divisa. Il padre, comunista senza se e senza ma ( << tipo da aboliamo la proprietà privata>>) faceva il commercialista e se ne andò quando era piccola. Giorgia l’ha perso di vista, ha dichiarato di non avere stima per lui, ma di non nutrire astio. All’età di tre anni “costrinse” la sua famiglia a cambiare casa, perché lei e sua sorella avevano acceso una candela dando fuoco alla casa. La madre di Giorgia, ancora adesso, quando la vede con un accendino impazzisce.

Giorgia e la Sinistra

Giorgia confessò in un’intervista a Corsera Magazine, di aver avuto una certa curiosità verso la sinistra, ancora adolescente, ma di aver trovato persone arroganti <<>>.
Ipercritica anche nei confronti della sinistra attuale, che crede di avere in appalto la questione femminile, <>e nei confronti di Giovanna Melandri, troppo vecchia a suo giudizio, per avere un Ministero delle Politiche Giovanili, e che non sopporta l’idea di non essere approvata.

Il suo impegno per il futuro
Io giovani di oggi, secondo Giorgia Meloni, non sono solo bulli e pupe. Sono molto diversi da come vengono descritti. Chi dice che sono senza valori appiattisce il problema: la verità è che chi ha valori non ha avuto la possibilità o la determinazione di farsi sentire. L’impegno del suo Ministero sarà quello di valorizzare l’estro, il genio, la disponibilità al sacrificio. Sul tema della natalità, Giorgia auspica provvedimenti fiscali ed economici per incentivare le nascite.

La sua posizione sulla 194
La legge 194 è innanzitutto una legge da applicare, soprattutto per le parti che riguardano la prevenzione, il sostegno alla maternità, la possibilità di conoscere quali sono le strade alternative all’interruzione della gravidanza.

giovedì 15 maggio 2008

La Tavola Rotonda Rosa - 1 di 4

8 Maggio - 19 ministri, 4 donne al timone del paese.
Scritto da Daniela



Mara Carfagna - parlamentare del Popolo della Libertà e attuale Ministro per le Pari Opportunità

Biografia
Consegue la maturità scientifica presso il Liceo Scientifico "Giovanni da Procida" di Salerno.
Dopo aver studiato recitazione e pianoforte, nel 1997 ha partecipato al concorso di Miss Italia piazzandosi al sesto posto. Nel 2001 si laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Salerno discutendo una tesi in Diritto dell'informazione e sistema radiotelevisivo.

Modella, valletta e conduttrice televisiva
Dal 2000 al 2006 ha partecipato al programma televisivo "La domenica del villaggio" e come conduttrice il programma "Piazza grande" insieme a Giancarlo Magalli dove rispondeva al telefono, piroettava sulle punte e annuiva durante l'oroscopo di Paolo Fox. Inoltre, ha fatto parte del cast dei programmi televisivi "I cervelloni", "Vota la voce" e "Domenica In", partecipando alla serie tv italiana Boris, nei panni della cuoca Matilde.  La sua candidatura (e successiva elezione) alla Camera dei Deputati nel 2006 suscitano ancora adesso polemiche in considerazione della sua precedente attività di valletta televisiva.

Nel gennaio 2007 è involontariamente al centro di un evento che ha avuto molto spazio nella cronaca. Durante la serata di premiazione dei Telegatti, Berlusconi parlando di lei dichiara «Se non fossi già sposato la sposerei subito», suscitando la reazione della moglie Veronica Lario che richiese pubblicamente le scuse del marito con una lettere aperta sul quotidiano la Repubblica dove confessa di essere stata offesa da quelle scherzose esternazioni « ritengo possa aiutare mio figlio maschio a non dimenticare mai di porre tra i suoi valori fondamentali il rispetto per le donne, così che egli possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati» scrive. 

Mara Carfagna rappresenta quindi il simbolo rosa che Berlusconi vorrebbe far interpretare a tutte le donne d'Italia che chiedono rispetto?
Nel 2006 a un intervistatore che le chiedeva le ragioni del suo rifiuto a recitare in un film diretto da Tinto Brass, Mara Carfagna ha dichiarato di essere timida e credere «in certi valori». In passato, però, foto che ritraggono la Carfagna parzialmente senza veli sono state pubblicate sulla rivista Maxim, e in seguito diffuse su numerosi siti internet. Sarà forse questo che spinge i tedeschi a considerarla la "ministra più bella del mondo"?
Rimanendo in tema in una recente dichiarazione, rilasciata al settimanale Chi, la mora forzista bacchetta la collega di partito, la rossa Michela Brambilla, rea secondo la Carfagna di vestire in modo non adeguato al ruolo che ricopre. Non possiamo neppure accusarla in fondo: il passato è passato, dicono.

La polemica sulle unioni omosessuali
Il 15 febbraio 2007 al seminario Donna, vita e famiglia, da lei stessa organizzato, la deputata Carfagna afferma che «non c'è nessuna ragione per la quale lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali, visto che costituzionalmente sono sterili» e che «per volersi bene il requisito fondamentale è poter procreare» (citazione el prof. Francesco D'Agostino ordinario di filosofia del diritto e membro della Pontificia Accademia per la Vita)
Queste affermazioni hanno suscitato lo sdegno di molti esponenti della comunità GLBT, tra i quali la deputata transgender Vladimir Luxuria che ha proposto un parallelo tra le parole della Carfagna e una legge della Germania nazista «che prevedeva l'internamento degli omosessuali ritenuti socio-sabotatori perché non in grado di riprodursi».

Nessuno tocchi la 194
Nonostante la sua forte educazione cattolica non si sbilancia troppo riguardo alla legge 149, «Il problema non è discutere la 194 - spiega - ma applicare la cultura della vita che in questi trent'anni, come dice giustamente il Papa, è stata svilita. Serve una normativa a favore della famiglia che incentivi le nascite e a favore delle donne affinché rinuncino ad abortire» ovvero "ha ragione il Pontefice, insomma, ma la legge non si tocca".
Argomento critico questo, circumnavigato dalla maggioranza per evitare sanguinose battaglie sui valori «Oggi al Paese non serve lo scontro tra guelfi e ghibellini, ma una sana e approfondita riflessione sui temi etici, sul sostegno alla famiglia, alla donna ed alla maternita'» Commenta nel suo blog.

Attenderemo l’esito delle sua future proposte o la nuova edizione del suo prossimo calendario.
http://www.maracarfagna.net/

mercoledì 14 maggio 2008

L'Altra Casta: I sindacati

Un altro libro appena uscito spara contro le caste.
Scritto da Sara



L’Italia si è accorta, negli ultimi mesi, di allevare in seno una moltitudine di caste.
Il duo Stella-Rizzo fa il pieno di lettori scrivendo un libro ulcerante sulla casta dei politici, facendogli i conti in tasca e calcolando, dati alla mano, tutti gli sprechi di una categoria che quando sembra aver toccato il fondo ci stupisce e comincia a scavare. Beppe Grillo sforna V-Day sulla casta dei politici e, a sorpresa, su quella dei giornalisti, che succhiano nutrimento dalla casta dei politici e loro stessi ne formano una. C’è da augurarsi che anche il nuovo libro che vi consigliamo, L’altra casta, scritto da Stefano Livadiotti, doppi il successo del caso editoriale di Rizzo e Stella, e soprattutto c’è da augurarsi che lo leggano i diretti interessati: i sindacati. Proprio loro, intoccabili nell’immaginario collettivo, sono l’obiettivo di Livadiotti, che scrive per L’Espresso e assicura di non essere contro il sindacato ma contro la sua degenerazione.

Quanto contano i sindacati? Sono in grado di rappresentare i lavoratori atipici? Decisamente no. Solo l’1% dei lavoratori a tempo determinato è iscritto a un sindacato, e purtroppo non rappresentano neanche la maggior parte di quelli a tempo indeterminato: il 49% degli iscritti è formato da pensionati, e gli altri sono lavoratori del pubblico impiego. Un problema che nasce dalla sfiducia nei sindacati. Fin qui potremmo dire che sono incapaci di rappresentarci, ma perché dobbiamo parlare proprio di “casta”? Livadiotti spiega che non si tratta di una casta piena di gente che si arricchisce, come nel caso dei politici, ma che è comunque una categoria che trasuda privilegi. Sono 700 mila i delegati sindacali e ci costano 155 milioni di euro al mese, se a tutto questo si aggiunge la mancanza di credibilità, la sensazione delle persone è di sprecare altro denaro. Per questo Livadiotti non vuole la distruzione del sindacato, ma auspica un cambio di direzione.

I sindacati si sveglino dal sonnambulismo, ci permettiamo di aggiungere, altrimenti tra non molto la rendita di credibilità che hanno accumulato negli anni finirà. E si ritroveranno tesserati solo un gruppo di nostalgici.

giovedì 8 maggio 2008

Gli illustri esclusi e il loro portafoglio gongolante

Da un’inchiesta molto istruttiva de "L’Espresso".
Scritto da Sara



Se pensavate di dover mandare un telegramma di condoglianze a Fausto Bertinotti, per la bruciante sconfitta e conseguente estinzione del suo partito, se avete pianto per il verde Alfonso Pecoraro Scanio, in pre-pensionamento dopo aver stretto alleanze poco lungimiranti, se vi fa impazzire l’idea che Daniela Santanché non potrà più tuonare << Ridaremo l’Italia agli italiani>> seduta sulla comoda poltrona romana ma dovrà accontentarsi del suo salottino a Cortina, e soffrite al pensiero di vedere Enrico Borselli giocare a bocce ai giardinetti, ricredetevi: il loro portafoglio ci ha comunque guadagnato. E pagando le tasse, ognuno di noi ha fatto e farà quanto possibile per consolarli.
Un’inchiesta pubblicata sull’Espresso ( il nome del sito è quanto mai azzeccato http://www.spreconi.it è un’ulteriore conferma, dopo lo spreco dei rimborsi elettorali, che qualcosa in Italia andrebbe cambiato a partire dall’alto.

Oltre 6 mila euro al mese più altri 131.068 una tantum per Fausto Bertinotti, più un ufficio e il diritto ad avere quattro collaboratori.
Ciriaco De Mita, ottant’anni, quarantatre dei quali passati in Parlamento, 9.947 euro al mese di pensione e 112.344 di liquidazione, “solo” per gli ultimi 12 anni.
Alfonso Pecoraro Scanio, 6.963 euro di pensione e 149.792 di liquidazione;
Enrico Borselli, visibilmente provato per il suo 0,8% che non gli fa ottenere neanche il diritto ai rimborsi spese elettorali, si consola con 6.217 euro al mese e 131.068 di fine mandato. Stessa cifra per Oliviero Diliberto.
Francesco Storace, anche lui reduce da una batosta elettorale, causa fondazione nuovo partitino, incasserà 3.978 euro e 19.208 di fine mandato, per gli ultimi due anni. Infine l’unica donna candidata premier di questa tornata elettorale, Daniela Santanché: 3.605 euro di pensione e 65.534 di tfr. Certo, lei a elezioni concluse e attestata la batosta, ha dichiarato di non essere interessata allo status e che fare politica all’interno o fuori dal Parlamento non è rilevante. Le interessa semplicemente fare politica.
E senz’altro avrà i mezzi per farlo, viste le rendite.

Non è elegante fare i conti in tasca ai nostri politici, dirà qualcuno. Ma questa indagine non è partita da noi, non è partita da Beppe Grillo. E’ partita da un noto quotidiano, senz’altro non qualunquista e non nemico acerrimo della politica. La politica ha i suoi costi, è il prezzo della democrazia, ma visto che l’Italia sta scivolando verso il basso bisognerebbe tirare la cinghia tutti.
Può darsi che abbassandosi i vitalizi non migliori di molto la situazione, bisognerebbe tagliare gli sprechi in tutte le amministrazioni d’Italia, modificare l’odiosa legge sui rimborsi elettorali, snellire la burocrazia….
Insomma, fa ridere anche a noi che qualche milione di euro in meno sistemi le cose. Però sarebbe già un segno positivo. Sarebbe come dire << anche noi rinunciamo a qualcosa per il bene di tutti>>.
Utopia pura in Italia. Come quella del comunista che vuole l’abolizione della proprietà privata.

lunedì 5 maggio 2008

Bene o male, purchè se ne parli

Scritto da Daniela



25 AprileGiorno della liberazione del nostro Paese da ogni forma di totalitarismo, discriminazione o razzismo. Quest’anno il 25 aprile oltre a ricordare nel nostro piccolo orgoglio nazionale la nostra grande conquista è stato giorno di polemiche, grandi discorsi e oscurantismo mediatico.

Berlusconi il 25 aprile predicava la "pacificazione nazionale" mentre dietro le quinte i personaggi politici di rilevanza continuavano a litigare tra di loro lanciandosi inutili accuse invece di lasciare da parte, perlomeno per un giorno, i soliti discorsi e stringersi la mano.
Il segretario del partito democratico ha criticato l’incontro tra il premier e il senatore Ciarrapico, quest’ultimo già al centro di una polemica sulla sua adesione al fascismo. Al leader del Pd replica il portavoce del cavaliere, Paolo Bonaiuti giudicando la polemica di Veltroni, rivolta nei confronti di un senatore democraticamente eletto, è meschina e volgare ritenendolo un “uomo stordito dalla sconfitta, senza argomenti e senza qualità che tenta soltanto di replicare una polemica elettorale di basso livello già fallita in precedenza".
Così i buoni propositi finiscono con la solita baruffa.
Tutto questo trambusto e questi, a volte, raccapriccianti dispetti seguiti dal detto “ma è colpa vostra” tra i leader delle diverse coalizioni mi ricorda un termine di attualità a tutti noto: l’antipolitica come “atteggiamento di coloro che si oppongono alla politica giudicandola pratica di potere e, quindi, ai partiti e agli esponenti politici ritenendoli, nell'immaginario collettivo, dediti a interessi personali e non al bene comune” (wikipedia) e questo lo ritengo strano dato che l’unico a cui associano questo termine è Beppe Grillo. 


   IL SILENZIO COME LOTTA CONTRO GRILLO 

La cosa che più colpisce riguarda proprio le manifestazioni del 25 Aprile: il cosiddetto V-day 2008 a favore della libertà d’informazione. Tre le firme:
1- abolizione dell'ordine dei giornalisti di Mussolini
2- cancellazione dei contributi pubblici all'editoria, che la rende dipendente dalla politica
3- eliminazione del Testo Unico Gasparri sulla radiotelevisione, per un'informazione libera dal duopolio Partiti-Mediaset

Tutti sono a conoscenza del fatto che Grillo usi parole forti per scandalizzare e offendere i tristi personaggi della politica italiana saltando a destra e a sinistra ma il suo rozzo sproloquiare critica con fermezza quello che in Italia nessuno osa criticare. Il problema da porre non è sulla correttezza del pensiero di Grillo, non sul fatto di chi abbia ragione o no, ma che come da un lato Grillo predicava sul fatto che non ci sia libertà di informazione in Italia, dall’altro i giornali e i telegiornali confermavano la sua teoria rispondendo con l’assoluto silenzio: e il V day non è stato né narrato, né pubblicato, né riportato come fenomeno di rilevanza nazionale.

25 Aprile traffico intenso sulle autostrade” annuncia il nostro telegiornale nazionale: gli italiani si spostano verso i luoghi di villeggiatura e tutti si domandano dove siano potuti andare nel soleggiato weekend a farsi le vacanze!
Chi lo ama, chi lo odia, qualunque sia la natura della stima o della disapprovazione del personaggio rimbombante di Grillo non ha alcuna importanza. Quello che risulta importante è che le 450.000 persone andate in piazza (e non in vacanza) sono state accusate di "qualunquismo" senza neppure essere tenute in considerazione. Persone che non esistono, persone a cui hanno tentato di tappare la bocca senza neppure essere state ascoltate.

Grillo è solo la voce di alcuni che si alza dal coro, giusta o errata che sia.
Il mondo ci giudica e tutto quello che possiamo offrirgli è il nostro silenzio?