venerdì 11 aprile 2008

L'oro nero in Basilicata

Scritto da Sara



La Basilicata è una delle regioni più povere d’Italia, con il tasso di crescita più basso, una massiccia emigrazione dei giovani e meno giovani, un’economia stagnante anche per colpa della morfologia del territorio che rende difficili i collegamenti con le altre regioni.
Eppure è in questo territorio montuoso, dove i collegamenti ferroviari sono scarsi e l’aeroporto è troppo piccolo, che c’è il petrolio. Proprio così, l’oro nero lo abbiamo anche noi.
Certo, rispetto alla produzione mondiale, non è che un’inezia: nel 1996 era lo 0,2% dell’intera produzione petrolifera. Sono stati scoperti vari giacimenti di petrolio in tutta Italia, ma la quantità più ingente è senz’altro in Basilicata ( già nel 1902 si ebbero le prime fuoriuscite di petrolio dal sottosuolo) e nel 1996 si costruì il Centro olio a Viggiano. Oggi sono due le aree di interesse del petrolio: la Val d’Agri ( dove i giacimenti di petrolio sono sorvegliati dalla benevola Madonna di Viggiano, che li guarda in cima al suo santuario) e la Tempa Rossa.
L’oro nero attirò società petrolifere internazionali, come api al miele, e fra tutte l’ENI riuscì a raggiungere un accordo. Un accordo che prevedeva da parte dell’ENI di impegnarsi nella salvaguardia del territorio prendendo misure di sicurezza in caso di guasti ( il più importante è un sistema di “doppia barriera” che in caso di guasto prevede due dispositivi, il secondo entra in funzione e blocca la produzione nel caso il primo fallisca), e di versare le royalties alla Regione Basilicata ( che ammontano al 7% dell’incasso complessivo di petrolio).
Sembra tutto roseo, ma non è così. Si pensava che l’oro nero andasse a incrementare l’occupazione di una delle regioni più arretrate d’Italia, che gli impatti ambientali fossero minimi, che tutta l’Italia ne avrebbe tratto un certo benessere e una maggiore indipendenza.
La troupe di Annozero se ne è occupata recentemente, andando a sondare gli effetti dell’estrazione del petrolio in Basilicata. A Viggiano la popolazione si lamenta che in 15 anni l’emigrazione è aumentata, svuotando il paese: ormai sono rimasti solo i pensionati che non hanno più la forza di emigrare, le aule delle scuole sono vuote, le case svalutate. Un quarto della popolazione, stremata dall’aria irrespirabile se n’è andata. Gli imprenditori sono stati costretti a smembrare le loro fabbriche per far passare l’oleodotto. Le aziende che producevano vino arrancano: nessuno vuole più l’uva prodotta sopra pozzi di petrolio. E i posti di lavoro che erano stati promessi, nel settore petrolifero? Trattandosi di impianti altamente tecnologici hanno bisogno di manodopera altamente specializzata.

Ora a Viggiano non credono più alle promesse di sviluppo. Hanno capito che non saranno le royalties incassate dalla regione a restituire loro il benessere.
E la Basilicata si svuota sempre di più.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Certo che siamo un paese molto strano cerchiamo e troviamo il Petrolio proprio quando gli studiosi dichiarano che verso il 2070 circa le risorse petrolifere andranno ad esaurirsi.
Ma la Basilicata non era una regione al quanto montagnosa? e se così fosse bisogna che qualcuno li avverte che i riverberi di Sole in montagna sono meglio di quelli marini,quindi più Sole più energia FOTOVOLTAICA! così finalmente possiamo prenderci e far prendere ai paesi importaori una bella CIUKKA con un signor vino ad impatto zero.

Anonimo ha detto...

ci vogliamo vedere chiari in tutti questi misteri che ci stanno portando anzi ci hanno portato solo miseria e rabbia nina